Paris, Opéra Bastille, “La fille du régiment” di Gaetano Donizetti
Écoutons et jugeons!
“La fille du régiment” di Laurent Pelly, uno degli spettacoli più riusciti del talentuoso regista francese, ha fatto il giro del mondo: Londra, New York, Vienna prima di arrivare a Parigi, dove è finalmente in scena alla Bastille con un doppio cast d’eccezione (Dessay/Florez versus Rancatore/Albelo) per regalare momenti di bonheur allo spettatore.
La produzione continua a sedurre per il ritmo teatrale travolgente ma anche per il difficile equilibrio raggiunto fra belcanto e parlato, per come l’interazione fra gesto, parola e musica faccia ridere il pubblico dall’inizio alla fine. Il parlato, adattato e riscritto, diventa un testo teatrale scorrevole che non altera la struttura originaria ma contribuisce a dare l’illusione dell’improvvisazione e le battute che sembrano sgorgare spontanee rendono i personaggi più veri e interessanti. E, come si conviene a Donizetti, dietro al riso e alla battuta si respira un’ineffabile dolcezza: il merito del regista e della compagnia di canto è quello d’infondere una grande umanità a tutti i personaggi.
Il regista sposta l’ambientazione all’epoca della prima guerra mondiale e l’efficace impianto scenico di Chantal Thomas si presta con pochi elementi a volgere la vicenda nella giusta chiave ironica, dando massimo risalto al fluire di gags e situazioni. All’inizio i mobili che la Marquise di Berkenfeld si porta sempre appresso vengono schierati per far fronte a un ipotetico assedio e non si può che sorridere nel vedere une “femme de tel nom” in una carovana circense fra materassi impilati e oggetti disparati di uso quotidiano.
L’accampamento militare è adagiato su di una distesa di mappe geografiche che creano declivi come le montagne di carta di un presepe, appesi alle corde del bucato sventolano i mutandoni del reggimento che Marie stira a passo di musica ripiegandoli con movimenti marziali, mutandoni che poi si trascinerà appresso nel momento della dipartita come una coperta di Linus.
Nel secondo atto, viene ricreato l’interno di un salone borghese senza pareti, dove porte, stipiti, quadri e cornici sono incastonati nel vuoto. Irresistibile la scena di apertura quando, sulle note volutamente strascicate dell’interludio, mimi travestiti da cameriere spolverano i mobili della marchesa con passetti di danza e “pliés” che sembrano sbadigli e che ci introducono, dopo la prorompente vitalità del 21° reggimento, in un clima polveroso da ancien regime ben rappresentato dagli invitati della Marchesa, tutti vecchi dal passo incerto, ingobbiti dal peso di parrucche e gioielli. Ci commuove Marie “prigioniera” nel vestito inamidato da fille bien rangée, che rende i suoi movimenti da bambola meccanica ancora più sgraziati. Meno male che tutto il reggimento irromperà a bordo di un carro armato per garantire happy- end e liberazione.
La produzione è stata tagliata “su misura” per Nathalie Dessay, che, nonostante il trionfo ottenuto anche a Parigi, ha dichiarato che non intende riprendere più questo ruolo in futuro. Difficile pensare a questa “Fille“ senza di lei, ma Désiree Rancatore, la Marie del secondo cast a cui noi abbiamo assistito, è stata davvero eccellente. Della Rancatore abbiamo sempre apprezzato simpatia e comunicativa e anche in questa occasione conferma le sue doti comiche proponendo un personaggio diverso rispetto a quello della Dessay, meno irriverente, ma più fresco: una ragazza simpatica e spontanea alle prese con i turbamenti e le gioie del primo amore. La voce perfettamente modulata e leggera è adatta a tratteggiare una Marie adolescente ma, nonostante gli acuti facili e svettanti, conserva un’aura di morbidezza che screzia il personaggio di sensualità leggera. Le parti dialogate inoltre hanno una souplesse ammirevole.
Nei panni di Tonio, anche il tenore spagnolo Celso Albelo suscita immediata simpatia, così buffo data la statura in pantaloni corti e calzettoni da tirolese, un bambinone cresciuto sempre fuori posto, ingenuo e intimamente naif. La perfezione della linea di canto di Florez e la lucentezza dei suoi “do” non temono confronti, ma di Albelo si apprezza la pienezza nel registro centrale che dà massimo risalto alla componente lirica e amorosa come nella commovente “Pour me rapprocher de Marie”.
Alessandro Corbelli è una presenza costante della produzione di Pelly e il suo Sulpice è irresistibile dal primo apparire. Ma non si apprezza solo la vis comica e la mimica facciale, il canto di Corbelli è divertente e brillante come si conviene a un buffo, ma senza traccia di sguaiataggine.
Doris Lamprecht canta bene ed è perfetta per una Marchesa di Berkenfeld di rango. Francis Dudziak risolve con humor e gags riuscite il servitore Hortensius. Dame Felicity Lott è tanto odiosa quanto divertente nei panni di una Duchessa di Crackentorp veramente acida, molto british e molto snob. Completano il cast Daejin Bang (il caporale) e Robert Catania (un paesano).
Marco Armiliato dirige con sensibilità e mestiere e riesce a trarre da un’orchestra non particolarmente abituata a questo repertorio tutta la leggerezza possibile per sostenere i cantanti senza coprirli e dare pieno risalto ai momenti di abbandono lirico.
Assolutamente puntuale la prova del coro preparato da Patrick Marie Aubert.
Un plauso al brillante movimento scenico di coristi e attori preparati dalla coreografa Laura Scozzi.
Grandissimo successo di pubblico per una delle migliori produzioni francesi degli ultimi anni finalmente a Parigi.
Visto a Parigi, Opéra Bastille, il 2 novembre 2012
Ilaria Bellini